Trapianti: esperti contro l’esclusione delle persone con ritardo mentale

Trapianti: esperti contro l’esclusione delle persone con ritardo mentale

Trapianti: esperti contro l’esclusione delle persone con ritardo mentale
I ricercatori dell’Università Cattolica esprimono forti perplessità sulle linee guida della Regione Veneto che escludono pazienti con disabilità intellettiva dalla procedura salvavita. “Nessuna giustificazione etica, clinica e giuridica per l’esclusione”. E l’Italia si prepara a celebrare, domenica 30 maggio, la XIII edizione della Giornata Nazionale Donazione e Trapianto.

La posizione degli esperti è stata ribadita oggi a Milano nel corso del Convegno internazionale organizzato dall’Università Cattolica e dedicato al tema “Etica giustizia e disabilità. Autonomia, capacità e dipendenza”. A soli due giorni dalle celebrazioni per la Giornata nazionale dei trapianti, Nicola Panocchia e Maurizio Bossola del Servizio di Emodialisi del Policlinico “Agostino Gemelli”-Università Cattolica di Roma e Giacomo Vivanti, psicologo dell’Università della California, hanno voluto ribadire quanto già chiaramente espresso in un articolo pubblicato sul numero di aprile dell’American Journal of Transplantation.

L’articolo, dal significativo titolo “Transplantation and Mental Retardation: What Is the Meaning of a Discrimination?”, prende proprio spunto dalle linee guida emanate dalla Regione Veneto per la valutazione psicologica in ambito di trapianto in cui si afferma che la presenza di ritardo mentale medio o severo è, rispettivamente, una “controindicazione relativa” o “assoluta” al trapianto d’organo.
Passando in rassegna la Costituzione Italiana, la Convenzione sui diritti della persone con disabilità delle Nazioni Unite e ratificata dal Parlamento italiano nel marzo 2009, le linee guida delle società nazionali e internazionali di trapianti d’organo, i risultati dei trapianti in persone con disabilità presenti in letteratura, gli autori dello studio affermano che non esiste un razionale per escludere dal trapianto le persone con disabilità intellettiva. Inoltre, il quoziente intellettivo, utilizzato come strumento per determinare la presenza e il grado di ritardo mentale, non è considerato dagli autori dello studio uno strumento idoneo.

“L’incapacità di migliorare la qualità di vita e la presunta scarsa aderenza alla terapia immunosoppressiva che metterebbe così a rischio la  funzionalità dell’organo trapiantato – affermano i ricercatori della Cattolica Bossola e Panocchia -, sono le giustificazioni che vengono spesso addotte per negare il trapianto alle persone con disabilità mentale”. Gli autori evidenziano come queste giustificazioni non hanno basi solide e sono il frutto di un pregiudizio che ritiene la vita della persone con disabilità intellettiva di minor valore. “La  presunta scarsa aderenza alla terapia immunosoppressiva delle persone con ritardo mentale, per esempio, non trova conferma nei dati della letteratura”, aggiungono Panocchia e Bossola.

Anche da un punto di vista etico i ricercatori non ritengano sia giustificabile a priori l’esclusione di questi pazienti dalla lista d’attesa per trapianti d’organo, sia per i trapianti salvavita, sia per i trapianti terapeutici.  
“Ogni persona con disabilità intellettiva merita una valutazione individuale e non l’esclusione da una procedura salvavita in quanto appartenente a una categoria”, considerano i ricercatori della Cattolica. Secondo gli autori, l’esclusione dei pazienti con disabilità intellettiva dal trapianto non ha una giustificazione  né clinica, né etica e né giuridica, quindi è il frutto di una discriminazione, tanto più grave se è perpetrata da un’istituzione pubblica.

Sulla questione è intervenuto anche Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica della Cattolica, che ha affermato: “Le questioni di giustizia non possono più ignorare i diritti delle persone con disabilità e non possono alimentare lo stigma sociale nei confronti dei soggetti affetti da patologie psichiche, permanenti o temporanee, escludendole a priori, in modo più o meno evidente, dai processi di cura e di assistenza. La nuova frontiera della democrazia – ha concluso Pessina – passa attraverso l’eliminazione delle discriminazioni in base a criteri psichici, altrettanto ingiuste come quelle basate su differenza di sesso, età, etnia”.  
 
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